Fanton

Fanton Maria Iside Giovanni wLa famiglia Fanton fa la sua apparizione a Paese (Treviso-Italia) provenendo da S.
Antonino. Ad giungervi, a cavallo delle due guerre mondiali, fu l’artigiano marmista
Giuseppe (1886-1953), figlio di Giovanni Fanton e Pierina Vian, che aveva il suo
laboratorio a Treviso. Era un provetto scalpellino, scultore e decoratore soprattutto di lapidi funerarie. A lui si devono i monumenti ai caduti della Grande Guerra eretti a S. Antonino e a Dosson di Casier. Nel 1930 fu espropriato per far posto alla costruzione del sovrappasso della stazione ferroviaria di Treviso. Questo fatto lo costrinse a ricominciare con una nuova bottega indebitandosi fino al collo. Si portò pertanto a Paese, in Via Calmorgana (ora Via mons. Breda), probabilmente aiutato dalla famiglia della moglie Stella (1889-1971), figlia di Luigi Mattarollo, dei “Mataròi Grandi”.
Fanton è un cognome prettamente veneto, proprio delle provincie di Vicenza, Padova,
Venezia e Treviso, dov’è tuttora saldamente radicato. Sembra trovare origine dal
maggiorativo del nome medioevale Fante o Fantino.
[...] L’avvio dell’attività di Giuseppe Fanton a Paese coincise con il periodo della Grande Depressione che vide il tracollo delle monete, lira compresa; pertanto, pur in presenza di tanto lavoro, Giuseppe dovette stringere i denti per far fronte ai pagamenti. Giuseppe e Stella, si sposarono a Treviso nel 1927. Dal loro travolgente amore nacquero Maria (1928) e Iside (1930). Nel 1933 arrivò finalmente il maschio, Giovanni (Paese, 1933), colui che, sulle orme del padre è diventato un ricercato e famoso scultore in terra canadese, nell’Ontario, dove emigrò nell’ormai lontano 1955, sposandosi con Johan
Casey. Suo padre teneva molto alla continuità della sua stirpe e del mestiere di marmista, per questo aveva salutato il lieto evento festeggiando con gli amici. Luigi Mattarollo, nonno materno, faceva il fabbro, ma non solo perché sapeva riparare
macchine da cucire, orologi da taschino, trebbiatrici, macchinari vari e perfino costruire meridiane. Era anche un bravo contabile; oltre alla meccanica, aveva un talento innato per la matematica e l’astronomia, e sapeva suonare l’organo e il pianoforte leggendo gli spartiti pur essendo autodidatta. A lui si deve anche la costruzione di un orologio da campanile per una chiesa del trevigiano, lavoro eseguito in casa dei “Mataròi Grandi”, peccato che non si sappia di preciso per conto di quale parrocchia. Pur di onorare l’impegno, aveva persino tagliato il solaio del granaio di casa per permettere alle corde di
carica di rimanere tirate da pesanti pietre.
[...] Un giorno, alla stazione di Paese, la locomotiva di un treno a vapore non voleva saperne di ripartire. Vennero due ingegneri ferroviari con dei meccanici che si arrabattarono come potevano, ma senza venirne a capo. Qualcuno si ricordò di Luigi Mattarollo e, mandatolo prontamente a chiamare, in breve riuscì a riparare il guasto.
[...] I coniugi Fanton prima di unirsi erano stati accomunati da infausti avvenimenti familiari. Stella si era sposata con Umberto Volpato da Camalò, divenendo mamma di quattro figli. Aveva perso il marito per cause di guerra e tutta la prole, perita di febbre spagnola nell’arco di ventiquattr’ore. Rimasta vedova e sola, per intercessione di persone compiacenti aveva conosciuto Giuseppe Fanton, già rimasto vedovo per ben due volte. Giuseppe era tornato trionfante dalla Grande Guerra, accolto con gli altri reduci dalla banda cittadina e dallo scampanio delle chiese, abbracciando i genitori tra la folla, papà Giovanni e mamma Pierina Vian che gli andavano incontro. Ma il sorriso gli si era spento immediatamente, vedendo il volto mesto della madre e, intuendo un nefasto presagio, le aveva chiesto notizie della moglie Eufemia che non era presente. Apprese allora che era morta repentinamente, incinta, di febbre spagnola. Gli avevano anche scritto, ma la
corrispondenza nel periodo bellico arrivava al fronte in tempi indeterminati. Si risposò dopo qualche tempo con Amelia, ma anche questa sua compagnia durò un tempo assai breve e rimase nuovamente solo, finché la buona sorte lo volle in terze nozze marito di Stella Mattarollo. Un giorno anche lei si ammalò e lui ci rimase male quando il farmacista che gli consegnava le medicine allargò le braccia sconsolato, dicendo: “...perde anche questa!”. Stella però visse fino alla veneranda età di ottantadue anni. [...] Durante la Seconda Guerra Mondiale, nonostante la congiuntura, il lavoro a Giuseppe Fanton non mancava. Certo la materia prima doveva arrivare in treno dalle lontane cave di Carrara. In quel periodo bellico Giuseppe aveva commissionato un carico di marmo, che fu stivato su tre vagoni merci, ma il convoglio, raggiunta la stazione di Vicenza, fu bombardato dagli Alleati, rimanendo bloccato in un binario morto nei pressi della stazione. Che fare? Giuseppe avrebbe voluto recarsi immediatamente a prendere visione delle condizioni del carico, ma non ci si poteva allontanare perché vigeva il coprifuoco tedesco, da quando a Paese c’erano stati degli scontri tra partigiani e fascisti. Giuseppe si recò allora dal maresciallo tedesco, di stanza presso le scuole elementari del capoluogo, per
ottenere un lasciapassare, ottenendone invece un netto rifiuto. [...] In Canada, la fama di Giovanni Fanton si è ulteriormente propagata per le innumerevoli ed espressive opere d’arte, apprezzate pure dalla critica più esigente,
soprattutto come scultore di busti, bassorilievi, obelischi, decorazioni di facciate di chiese e palazzi, oltre a composizioni d’arte sacra. Dell’artista hanno spesso parlato anche i rotocalchi. Fra le sue opere più prestigiose è da annoverarsi il monumento ai Veneti caduti sul lavoro, eretto in una delle più belle piazze di Toronto.
(la storia completa di questa famiglia si può leggere nel 2° volume Famiglie d’altri tempi, reperibile on-line su
www.macrolibrarsi.it)

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